Chiu forte allucco, chiu forte se ne fuje
Jenn Wasner, parlando del suo gatto
Sul sito italiano di wikipedia gli Wye Oak sono ancora descritti come “duo folk rock”, il che se da un lato denota l’inerzia dell’aggiornamento, dall’altro esplicita la difficoltà di imbrigliare in un genere questo bel duo. Hanno iniziato col folk ma stanno virando su un rock dal sapore elettronico, psichedelico. La frontgirl, Jenn Wasner, non ha mai cantato come una cantante folk, né fa effettazzi particolari con la voce. Si avvicina più, metricamente, a un Father John Misty, a una St. Vincent.
Wye Oak. Difficile da ricordare un nome così per un italiano. Sembrano la versione elettronica dei Dodos. Cervellotici, nevrotici, rumorosi, robusti, vitali, espressivi. Non sono rilassanti, questo è certo.
The louder I call, the faster it runs non è immediato, perché la ritmica si muove sempre in levare, o meglio, è in continua sincopatìa (se non mi state capendo, suonatevi in testa una batteria jazz: non ci riuscite? appunto). Va scoperto gradualmente. Vissuto, come per tutte le cose belle.
È molto espressivo e riesce a equilibrare un suono rock-elettronico con una linea vocale cantautorale. È la loro originalità. Merito, ovviamente, di Wasner (non della Wasner, maschilisti!). Difficile scegliere un brano in particolare, perché non è un lavoro pop, qualcosa con cui sollazzarsi, piuttosto qualcosa in cui immergersi. Un disco che ne consacra la personalità: mr Stack e miss Wesner non si fanno scegliere dagli strumenti che suonano.
È un racconto tessuto con drum machine, chitarre distorte, pad sintetici. Tessuto, soprattutto: un tappeto sonoro si stende dall’inizio alla fine. C’è anche il tempo per un brano d’archi (My signal).
Riassunto
Artista: Wye Oak
Titolo: The Louder I Call, the Faster It Runs
Produttore: Andy Stack, Jenn Wasner
Etichetta: Merge Records
Data di pubblicazione: 6 aprile 2018
Metacritic: 80