Il problema dei Sons of Kemet sono le percussioni
Anonimo
Questa epigrafe l’ho trovata scritta in un bagno del Palapartenope. Non è vero, me la sono inventata adesso per catturare l’attenzione e farmi seguire in questo ragionamento del tutto soggettivo che pretende all’universalità, che non è altro che la qualità di ogni giudizio che riguardi l’arte come la musica: dire qualcosa di personale che incontri l’opinione di tutte le persone sane di mente.
Voglio partire subito dal problema perché i Sons of Kemet sono un gruppo oggettivamente bello e originale, cioè con un sound preciso che li distingue da chiunque. Detto questo, c’è qualcosa che non va in loro e questo album me lo conferma.
In primo luogo, le percussioni. Dopo un po’ stufano. Sono la loro identità, ok, ma quando si parla di timbro, che preferisce la leggerezza del rullante alla corposità della grancassa. Se invece ci si sofferma sul ritmo si scopre che è poca cosa. Troppe crome e troppo appiattimento su determinati pattern, fino a sfociare in un sapore latino.
Ho esasperato la cosa. Non c’è paragone tra il pop latino e loro, ma alla fine un po’ si, almeno nelle percussioni.
È un problema che questo album fa emergere più dei precedenti. In passato la pochezza di idee del batterista – perché questo si può dire, non sembra una cima di sensibilità per quanto abbia studiato – era compensata da un’energia intrinseca della band che forse ora comincia ad accusare un po’ di stanchezza. Non che l’album sia brutto, anzi, è molto bello, ma non so se me lo ricorderò.
I ritmi ossessivi sono il loro tratto distintivo, quindi la deriva delle percussioni tende ad andare naturalmente verso un colore particolare. Il punto è proprio questo: perché sempre quel colore, gli accenti sul levare una continuazione. Ossessione, sì, ma sono sicuro che li ascolterei molto di più se tendessero a variare maggiormente i pattern.
Per farvi capire ancora meglio, prendiamo My queen is Doreen Lawrance, l’ultimo brano del loro ultimo album, My queen is a reptile
Inizia la batteria, senza il solito tunz-ta-tun-tà, arriva il fiato con un fraseggio in loop. Le linee melodiche si intersecano e all’improvviso una voce rappa.
Così va molto meglio, anche se siete ripetitivi.
Sons of Kemet - Your Queen is a Reptile
Sons of Kemet - Your Queen is a Reptile
Dopo un po’ stancano e sono ripetitivi, ricordando i ritmi sudamericani più pop nelle percussioni. Restano un gruppo molto fresco e originale ma che dovrebbe arricchire non tanto la complessità dei suoni quanto il loro timbro