David Byrne – American Utopia

È un album di David Byrne. Nel bene e nel male.

L’ex Talking Heads torna da solista dopo 14 anni, in cui comunque non è restato per niente fermo con diverse collaborazioni e produzioni (St. Vincent, Brian Eno, Fatboy Slim, tra gli altri). Lo fa con American Utopia, in cui descrive il crepuscolo americano (con la presidenza Trump) come già qui.

Lo sguardo e la sua finalità risultano però completamente diversi. Le canzoni, come dice Byrne, «rappresentano [..] il mondo in cui viviamo adesso. Molti di noi, almeno credo, non sono molto soddisfatti di questo mondo, ci guardiamo intorno e pensiamo: ma dev’essere per forza così? Non c’è un’alternativa? Le canzoni parlano di questo».

David Byrne non cerca commiserazione ma descrive in maniera netta la “catastrofe” americana, stemperandola con i suoi toni brillanti. La critica del sistema americano, e della sua presidenza – con testi nitidi, spietati e originali -, sorprende per l’ironia imprevista, a tratti sarcastica (…il papa non significa un “shit” per il cane…) e per la (voluta) mancanza di una risposta.

Il dubbio presente in tutte le canzoni, la mancanza di risposte, il furto delle certezze (lo scarafaggio si mangerebbe la Mona Lisa…) ci costringe a guardare il mondo da un punto di vista diverso, imprevisto e spiazzante (quello del cane, del pollo, fino ad arrivare ad un proiettile sparato contro una persona).

Here is many sounds for your brain to comprehend
Here the sound is organised into things that make some sense
Here there is something we call hallucination
Is it the truth or merely a description?

La voce, come sempre unica, magnetica, a tratti spiazzante, rende il tutto più coinvolgente.

Purtroppo, questa consapevolezza finisce per danneggiare la musica. Il tentativo di esprimere il dubbio non risulta perfettamente riuscito nella parte musicale. I testi ed il loro significato non vengono adeguatamente supportati da una musica che a volte risulta banale, scadendo in un’eccessiva lunghezza di alcuni brani.

Eppure l’inizio è trascinante, con il pianoforte e l’elettronica della prima traccia, I dance like This (Io ballo così, è il massimo che so fare e se potessi, farei di meglio) e con la successiva quasi funky Gasoline and Durty Sheets. Entrambe promettono scintille dal vivo.

Poi però, purtroppo, l’album scade, Byrne sembra avvolgersi in se stesso con canzoni un po’ tirate e dimenticabili. Non basta criticare più o meno apertamente l’attuale periodo statunitense per giustificare alcune canzoni che musicalmente sanno di recupero di tempi andati o di scarti.

Così, a partire da Every day is a miracle, l’album perde quota con Dog’s mind e This is that, dove testi e musica sembrano slegati fra loro.

Neanche il tempo di sentire l’hey di Byrne, che rimanda a tempi passati, nella pop It’s not dark up there, che subito arriva la dimenticabile Bullet, anche se il testo è un gran testo.

Verso la fine dell’album, ritorna il genio dei tempi andati con Doing the right thing – pura classe – e la talkingheadsiana Everybody’s coming to my house. Infine, il gioiello finale, sfumato e prezioso, Here, che parla di come il cervello elabora la realtà (!)

David Byrne è ancora pieno di talento, troppo recettivo per sbagliare un testo, e dispone di un enorme dono musicale. Purtroppo in questo album sembra compiacersi della sua grandezza e ricercare il maggior consenso possibile (everybody’s coming to my house I’ll never be alone)

Non so dire se questo sia dovuto al fatto che lo (ri)conosciamo già. Magari è (ancora) più avanti di noi.

Rispetto ad un altro grande come Robert Plant, comunque Byrne non lascia la sua strada musicale ma con una fierezza coerente prosegue il suo personalissimo discorso, con le proprie convinzioni e caratteristiche.

È un disco di David Byrne. Nel bene e nel male.
A Voi la scelta.

Does winter follow spring

Like night follows day

Must a question have an answer

Can’t there be another way

  • Punctum
  • Spasso
  • Originalità
  • Produzione
  • Longevità
3

Riassunto

Artista: David Byrne
Titolo: American Utopia
Produttore: David Byrne, Brian Eno, Rodaidh McDonald
Etichetta: Nonesuch Records, Todo Mundo
Data di pubblicazione: 9 marzo 2018
Metacritic: 75

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