Il nuovo MGMT disco ha poco di mainstream. Cioè ne ha, ma non troppo. Un pò come la cover dell’album. Se da adolescente avessi dovuto portarla sotto braccio in metropolitana mi sarei assicurato di lasciare visibile solo il retro.
Sulla longevità dell’album non mi va di rischiare un voto altissimo, ma per il resto siamo a degli ottimi livelli. Ma andiamo per ordine. Il lavoro è piuttosto complesso, stratificato. Come giudicarlo? Forse l’approccio migliore è quello traccia per traccia. Approccio che generalmente evito perchè troppo impegnativo. Uff!
1 – She works out too much
Una traccia di apertura piuttosto complicata per un album che mira a diventare un successo interplanetario. Per questo mi piace… perchè “chissenefraga” del successo interplanetario. L’analisi della canzone è piuttosto difficile, si tratta di un un UMO (Unidentified Music Object). Inafferrabile, imprevedibile, eclettica.
2 – Little Dark Age
Il ritmo blando non promette bene, ma col suo rigore inarrestabile, la solennità marziale dei synth e una voce cristallina si arriva ad un ritornello intelligente, intrigante e piuttosto cantabile. Sono ufficialmente impressionato.
3 – When you die
Bello il piglio scanzonato. Adorabile il “go fuck yourself” dell’inizio della seconda strofa. Il ritornello ha un sapore retrò che lo rende familiare al primo ascolto. Preziosi gli assoli di chitarra sopra il tappeto di suoni elettronici dal sapore orientale. Decisamente notevole l’arpeggio che rimane in background per tutto il pezzo. Se riuscite ad isolarlo potrete accorgervi di quanto poco “pop” possa essere il pop. E sono tre tracce belle!
4 – Me and Michael
Un pezzo Dance ’80 a basso numero di giri, con tutti gli elelmenti dell’originale: un synt pulsante, riverberi, echi, rullate sintetiche e un ritornello coi coretti come si faceva nel 1984. Un sentore Italo Disco che ricorda Raf o Den Harrow e, se vogliamo andare sul sofisticato, Giorgo Moroder. Ma a me ricorda più di altro Tarzan Boy di Baltimora, forse per l’attitudine.
5 – TSLAMP
Prima traccia normale dell’album, per fortuna. Cerchiamo di capirci… mica è brutta. Ha un sapore francese, un pò Air, decisamente tanto Gainsbourg soprattutto nei ritornelli. Un assolo di chitarra classica compressa a livelli improponibili campeggia intorno alla metà del pezzo. Tanta sapienza, tanta complessità, tanti livelli di ascolto. E sono cinque!
6 – James
Che lagna. Tipica riempi-album di cui nessuno sentiva l’esigenza.
7 – Days that got away
Seconda riempi-album. Riprendendo fiducia sulla fallibilità del genere umano.
8 – One thing left to say
Il ritmo sale, almeno in termini di BPM. La traccia brilla grazie alla noia delle due precedenti. A livello compositivo è interessante e fa muovere le gambe, ma non stiamo parlando di un opezzo all’altezza della prima parte dell’album.
9 – When you’re small
Ballata pinkfloydiana, anzi direi Gilmouriana. Comincia con un semplice arpeggio e voce a cui vanno a sovrapporsi, un livello alla volta, rumori di fondo ritmici, pulsazioni, batteria, violini, una ectoplasmica chitarra wha-wha, e tutta una sezione di archi.
10 – Hand it over
Un pezzo romantico, sembrerebbe. Un pezzo semplice, di sicuro.
Tutta questa retromania messa al servizio di una composizione intelligente che, confrontata con i pezzi a cui si ispira, li fa sembrare primitivi. Perchè qui c’è una complessità strutturale che gli originali non conoscevano.
Chiedo ufficialmente un simposio ai miei amici.
Riassunto
Artista: MGMT
Titolo: Little Dark Age
Produttore: MGMT, Patrick Wimberly, Dave Fridmann
Etichetta: Columbia Records
Data di pubblicazione: 9 Febbraio 2018
Metacritic: 77
Best Tracks: Little Dark Age, When you die, Me and Michael, When you’re small