Recupero questo disco dal 2019 appena trascorso. Non è certamente un disco allegro…. Risente della separazione di David Berman (lui è i Purple mountains) dalla moglie, della perdita di sua madre e poi per chi ascolta postumo all’uscita del disco del suo suicidio. Perché David Berman purtroppo non è riuscito a buttarsi tutto alle spalle, complice una persecuzione continua e constante da parte del padre, ed ha deciso nell’estate 2019 di farla finita. Le canzoni del disco non sono riuscite a salvarlo.
Già dai titoli si capisce che la realizzazione dell’album è stata una valvola di sfogo, strumento per l’elaborazione del lutto: ‘All My Hapiness Is Gone‘, ‘Darkness And Cold‘, ‘She’s Making Friends, I’m Turning Stranger‘, ‘I Loved Being My Mother’s Son‘, ‘Maybe I’m The Only One For Me‘.
David Berman si ripresenta così, senza girarci troppo intorno: “I mean, things have not been going well/ This time I think I finally fucked myself”. Niente autocommiserazione, però: lo dice con un’irresistibile leggerezza, con “That’s Just The Way That I Feel”.
Si tratta di grandi canzoni. La voce baritonale di David e le sue liriche sono al centro della scena, tutto quanto intorno sembra costruito a questo fine.
Eppure, tutto funziona, in maniera convincente. Berman esercita una spietata disillusione nei confronti di se stesso e di ciò che il tempo lo ha portato a credere delle cose della vita, le racconta con flemma agrodolce, impastando senso di sconfitta, distacco estatico, malinconia e umorismo.
Ecco un esempio: “La luce della mia vita stasera esce con qualcuno che ha appena conosciuto/ La luce della mia vita stasera esce senza un flickr di rimpianto per me” (Darkness & Cold). Altrove le cose si fanno più serie, specie quando lo sguardo si allarga dal privato alla condizione umana in generale: “Quando smettiamo di essere moribondi e il dolore cessa/ Tutta la sofferenza passa a quelli che ci lasciamo alle spalle” (Nights That Won’t Happen).
E’ dunque un disco in cui sono i testi la parte importante, e che un ascolto distratto lo potrebbe liquidare come qualcosa di già sentito. Per apprezzare ‘Purple Mountains‘ in quanto album bisogna provare a entrare nella testa del suo autore, bisogna conoscerne la storia, bisogna ammirarne il talento creativo e compatirne la vena autodistruttiva. Solo allora si riuscirà a cogliere tutto quanto questo disco è capace di trasmettere.
Eppure, nonostante questa fatica del vivere che emerge quasi a ogni parola, Purple Mountains risulta lavoro attraente e anche piuttosto scorrevole. Potremmo dire che rende interessante ciò che altrimenti sarebbe solo vuoto e disperazione (uno dei compiti di tutta l’arte, a voler ampliare il discorso).
Al bancone del bar di un centro commerciale, Berman chiama Dio stesso a rendere conto del suo silenzio: “How long can a world go on under such a subtle God?/ How long can a world go on with no new word from God?”. Aspettando un cenno dall’alto, uno sguardo, una mano a cui stringersi. O almeno un altro margarita, nel frattempo.
Purtroppo David non ha voluto o potuto aspettare……..